- martedì 1 marzo 2011

Dziga Vertov L'uomo con la macchina da presa 1929

L'uomo con la macchina da presa (Человек с киноаппаратом, Chelovek s kino-apparatom) è un film del 1929, diretto dal regista sovietico Dziga Vertov.
La giornata, dall'alba al tramonto, di un cineoperatore che riprende per lo più scene di vita quotidiana per le strade di Mosca, e che ci mostra anche la sua arditezza alla ricerca di inquadrature a sensazione, sopra, sotto o a fianco di treni in corsa. Il film si apre con il totale di una sala cinematografica che da vuota si riempie in un attimo. La stessa sala si rivedrà in chiusura del film dopo una sequenza nella quale la macchina da presa ha cominciato a muoversi da sola sul treppiedi, senza operatore, e prima di vedere la facciata del Teatro Bolshoi frantumarsi grazie ad un effetto ottico.
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Potete scaricare il film qui.


Rapporto sulla giornata, dall'alba al tramonto, di un cineoperatore che gira per Mosca alla ricerca del materiale da riprendere. È il film più celebre di Denis Arkadievitch Kaufman, una delle cineopere sperimentali più significative del secolo, il film-manifesto delle teorie sul Cineocchio (Kinoglaz), realizzato dal regista con il fratello Mikhail Kaufman. Il suo protagonista: il regista; il suo assistente: l'operatore; il suo soggetto: il cinema e i suoi rapporti con la realtà, con la vita.
Sequenza dopo sequenza, in anticipo di quasi mezzo secolo sui film strutturalisti degli anni '60 e '70, rivela l'artificiosità del mezzo cinematografico, distruggendo la disponibilità dello spettatore all'identificazione, alla partecipazione, all'illusione con una serie di espedienti tecnici ed espressivi: presenza del cineoperatore nell'immagine, film nel film, montaggio, trucchi, dissolvenze incrociate, ricorso all'accelerato e al rallentato, allo split screen, alle sovrimpressioni, al movimento rovesciato, ecc. Il risultato finale è un attacco all'illusione dell'arte e all'arte come illusione. E un accanito richiamo dello spettatore a sé stesso, per scuotere il suo equilibrio passivo e toccarlo a livelli più profondi. Distribuito quando ormai Stalin aveva consolidato il proprio potere, la carica eversiva e le implicazioni antitotalitarie dell'estetica vertoviana d'avanguardia (il suo mettere in discussione la realtà, il suo appello alla liquidazione dell'illusionismo) non furono subito comprese. Pochi anni dopo, ormai codificato dall'alto il realismo socialista, D. Vertov fu emarginato
(dal Morandini 2005).

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